Lapponia

Articolo pubblicato da Mototurismo – N. 125 – Ottobre 2004
 
Lapponia Incantata

La curiosità di vedere posti mai visitati prima e la voglia di andare in moto, la mia compagna  verso la libertà, sono le componenti fondamentali che mi hanno sempre spinto ad intraprendere un viaggio.
Questo poi, è proprio un viaggio “diverso,” fuori dagli schemi tradizionali, impensabile sotto alcuni punti di vista: è un sogno che diventa realtà.
L’aereo della Finnair è appena decollato da Malpensa lasciandosi alle spalle una giornata uggiosa. Nemmeno il tempo di respirare che le Alpi si materializzano sotto di me in una straordinaria visione di neve e ghiacci. E’ solo  l’inizio. In poco più di tre ore  raggiungerò la Scandinavia per un breve ed intenso tour a cavallo di una motoslitta in Lapponia.
La vista dal finestrino mi fa rabbrividire: il ghiaccio blocca le coste del Baltico ed il bianco abbagliante della neve ricopre tutto. Ripensando all’ultimo viaggio in Africa, dove la temperatura era di 30 gradi, guardo un po’ sconsolato Matteo, il responsabile della Seiviaggi, che ha organizzato il tour, abituato a queste latitudini, che mi sorride.
Helsinki è una città moderna e molto ordinata. L’aria è pungente e priva di umidità. Fa freddo, ma si può passeggiare per il centro senza grossi problemi. I marciapiedi sono riscaldati!
Visitiamo la chiesa del Duomo,  una bella costruzione bianca del 1822 che si affaccia sulla piazza Senaatintori,  poco prima di cenare in un ristorante tradizionale: ottimo il filetto di renna abbinato ad un gradevole vino rosso spagnolo. Finiamo la serata in una discoteca. La civiltà dei finlandesi è disarmante: tutti in fila calmi e ordinati, fuori, sul marciapiede, anche se la temperatura è ben al di sotto dello zero. All’interno è vietato fumare e tutti seguono scrupolosamente le regole. Nella piccola sala da gioco le vincite vengono date in beneficenza.
Lasciamo Helsinki in una splendida giornata di sole. L’aereo, dopo un volo di novanta minuti, atterra a Kittila, una cittadina sopra il circolo polare artico. Il portellone viene aperto: l’aria è ghiacciata, la prima impressione è quella di essere in alta montagna.
Jouko e Hanna – Leena, i responsabili della Arctic Safaris ci accolgono con cordialità su un piccolo e agile pulmino 4 x 4. Percorriamo la strada principale che è quasi completamente sgombra di neve, poi imbocchiamo una strada laterale completamente bianca. La guida di Jouko è sconvolgente: velocità di novanta chilometri orari su qualsiasi fondo e con grande disinvoltura.
Arriviamo in uno “snow-village” e dopo una buona cena a base di salmone prendiamo possesso delle nostre “camere.” Entriamo in un grande igloo che ha un diametro di circa dodici metri ed una altezza di otto, seguendo uno stretto cunicolo che ci porta direttamente davanti ad un bar. Niente di strano, a parte che è tutto di GHIACCIO: tavolini, sedie, lampade, il bancone. Un vero “frigo bar”!
Poi seguiamo un’altra galleria che porta in un piccolo atrio, e da questo, attraverso stretti pertugi alti circa un metro,  direttamente nelle “stanze”. Il piccolo igloo offre un materassino singolo adagiato su un letto di neve. Una lampadina in un blocco di ghiaccio levigato e trasparente   funge da lampada. L’aspetto è spartano, ma molto suggestivo. Entro nel sacco a pelo fornito dall’organizzazione: è molto confortevole nonostante la temperatura di cinque gradi sotto zero.
Mi sento come un orso polare in letargo, ma non è facile prendere sonno sepolto sotto  tonnellate di neve e poi qualcosa mi colpisce, ma non riesco a comprendere cosa. Poi realizzo: c’è un silenzio irreale, sembra la fine del mondo.
La sveglia è alle sette e l’uscita dal sacco a pelo è traumatica. Entro direttamente in sauna, un vero e proprio toccasana. Un gruppo formato da due tedeschi, due inglesi ed una ragazza francese si unisce a noi.
Il primo impatto con la motoslitta non è entusiasmante: è molto pesante e tende a seguire le tracce di chi mi precede.  Passano dieci minuti e cambia tutto. Fatta l’abitudine al gas che si aziona con una pressione del pollice destro, è come andare sugli sci. Bisogna portare il peso del corpo dalla parte in cui si vuole girare e soprattutto, se la motoslitta sprofonda nella neve fresca da una parte, bisogna portare tutto il peso del corpo dalla parte opposta. Insomma più si va piano, più si fa fatica.   Quindi: “se sei incerto tieni aperto!” Ma senza esagerare. Scherzi a parte,  dopo pochi chilometri il divertimento è assicurato.
L’abbigliamento tecnico composto da una tuta termica,  un paio di scarponi, il casco, il sotto casco e i guanti è fornito dall’organizzazione e non c’è pericolo di soffrire il freddo anche se la temperatura è di molto sotto lo zero.
Il percorso è vario: di tanto in tanto entriamo in vere e proprie foreste. La pista tutta curve e saliscendi viene affrontata a bassa velocità, poi lunghi rettilinei probabilmente sopra laghi ghiacciati dove si raggiungono “folli” velocità di ottanta chilometri orari.  Le piste sono delimitate da due cartelli con una croce rossa ben visibile distanti fra loro circa tre metri, arrivando a tutta velocità si ha la netta sensazione che non sia così facile passarci in mezzo, poi una volta fatta l’abitudine la cosa è molto divertente.  Negli sporadici incontri con altri mezzi motorizzati basta tenere la destra.  Saltuariamente si attraversano  villaggi da fiaba: poche case in legno color pastello che contrastano il bianco abbagliante.
Il cielo improvvisamente si copre di nuvole e incomincia a nevicare. Sono solo piccoli fiocchi che in poco tempo coprono i solchi sulla pista. Nonostante la visibilità sia precaria, la guida è molto sicura. Seguo la guida che fa da apripista in un turbinio di neve. Di tanto in tanto mi lascio volutamente distanziare. E come d’incanto, nel momento stesso in cui perdo i riferimenti, cambiano tutte le prospettive. La mente si riempie di pensieri e la fantasia galoppa : è una specie di stato di grazia che mi permette di “uscire” dal mio corpo e di osservare tutta la scena da una posizione più elevata e dominante. La visione è perfetta e la sensazione è di totale isolamento.
Usciamo finalmente da una fitta foresta adagiata su dolci colline e attraversiamo un fiume e con esso il confine: siamo in Svezia.
La stanchezza incomincia a farsi sentire: le braccia sono indolenzite. Arriviamo in un villaggio pittoresco di poche case. Alloggiamo in una vecchia casa di legno. Un caldo focolare e molta cortesia dei padroni di casa ci accoglie. Al piano terreno ci sono due belle sale da pranzo e la cucina, mentre al piano superiore ci sono le camere. Il bagno esterno si raggiunge seguendo uno stretto sentiero scavato nella neve. Approfittiamo della sauna ubicata in una piccola baita, un vero e proprio gioiello: meravigliosa la vista dalla  finestrella sul bosco circostante. Mi rendo conto che la sauna da questa parti è un punto di incontro: si conversa tranquillamente tra amici sorseggiando birra gelata come  al bar. Qualcuno di noi imita i “lapponi” tuffandosi nudo nella neve: l’effetto è pazzesco.
La cena, a base di carne di maiale, è ottima. Incredibile il vino: Amarone della Valpolicella!
Siamo pronti per un nuovo giorno. Guardo dalla finestra: nevica.  Chiedo alla nostra guida: “Come sono le previsioni oggi”? La risposta è disarmante: “Tempo perfetto”. Le motoslitte vengono sostituite con altre più leggere. Ho la possibilità di provare entrambi i modelli a due e a quattro tempi. Si viaggia spediti: in una splendida giornata di sole! Mai dubitare delle previsioni dei Lapponi! La neve scricchiola sotto di noi. La pista attraversa una zona collinare, dove posso testare tutta la potenza del motore a due tempi e la maggiore coppia e maneggevolezza del quattro tempi.  Facciamo sosta in una delle numerose baite lungo il percorso adibite a ristoro, dove un fuoco viene acceso e dove si preparano piatti unici a base di carne di renna e verdure. Alla fine un caffè bollente. Si riparte seguendo una pista dentro una  foresta di pini, poi inizia una ripida salita che  si rivela un vero e proprio percorso crossistico. La neve fresca alta anche più di un metro, ci impegna. Alcuni di noi sprofondano, inclinandosi paurosamente fino al ribaltamento. Nessun problema, solo qualche tuffo nella candida neve. Finalmente arriviamo in cima: la veduta è mozzafiato.
Ripartiamo seguendo il corso di un fiume. In alcuni punti il ghiaccio ha ceduto alla forte corrente costringendoci a un percorso tortuoso nella fitta boscaglia. Una luce rossastra velata e un repentino abbassamento della temperatura annunciano che un altro giorno sta per finire. Penso alle lunghe notti invernali, quando da queste parti ci sono poco più di tre ore di luce, e mi vengono i brividi. Siamo in vista dell’ Ice Hotel di Jukkasjarvi; in due giorni abbiamo percorso circa trecento chilometri.
E’ una costruzione colossale di 4000 metri quadrati completamente di ghiaccio e neve. Tutti gli anni, all’inizio dell’inverno viene ricostruito e vive fino alla fine del mese di aprile, quando viene smontato  poco prima che collassi con l’aumento della temperatura. Fanno parte del complesso anche una chiesa ed un teatro dove in serata assistiamo ad un concerto rock di un gruppo locale. Straordinari i giochi di luce che mandano in visibilio i numerosi spettatori avvolti in fantascientifici mantelli argentati.
Una guida ci accompagna in hotel, la temperatura all’interno è di cinque gradi sotto zero. Sostiamo nella zone del bar, dove vengono servite bevande in bicchieri di ghiaccio. Intorno a noi parecchie sculture di ogni genere, vere e proprie opere d’arte di maestri della lavorazione del ghiaccio. Visitiamo alcune  suite:  letti enormi dalle forme più strane, circondati da orsi o da renne  e altri animali a grandezza naturale. Tutto straordinario e naturalmente di ghiaccio.
Dopo un’ottima cena, ognuno di noi prende possesso della propria camera. Le camere sono molto spaziose, con il tetto ad igloo; anche il letto appoggiato su blocchi di ghiaccio è enorme, coperto di pelli di renna.
Passa in fretta un’altra notte da brividi in un “torrido” sacco a pelo. Sono le sette di mattina quando una graziosa ragazza bionda nordica con il nasino all’insù ci sveglia con un cortese: “Good morning Sir” e ci offre un sidro caldo.
Sopra di me la volta della stanza inizia a tingersi d’azzurro e l’aria pungente mi entra nelle narici.
Si parte per l’aeroporto, lasciandosi alle spalle questa breve, ma intensa avventura Lappone, dove la natura così forte e incontaminata ti fa sentire un piccolo essere dominato dagli elementi, dove il silenzio regna sovrano e dove i sogni diventano realtà, dove al bambino che è dentro di noi può capitare si seguire delle tracce sulla neve.  Tracce di una slitta trainata da renne,  tracce che portano ovunque. Tracce di Babbo Natale.