Dal mio libro: Le Moto Raccontano
Losinj, agosto 1983
Spiegarvi di quanto affetto nutra il mio fortunato possessore nei confronti della Yugoslavia mi risulta assai difficile e complicato. Dovrei prima raccontarvi cosa rappresentava questa terra a due passi dall’Italia per i viaggiatori di quegli anni. Tawil varcò per la prima volta il confine con i Balcani appena terminato il militare, aveva diciannove anni. Fu solo un breve attraversamento per raggiungere Budapest a bordo di una Fiat 500 L, dove L tengo a precisare significava “Lusso”, color azzurro tenue e portiere controvento. La seconda, terza e quarta con una rossa fiammante Citroen Diane Six, diretto verso il Sud del paese ed in Grecia. Appena si superava la dogana di Kozina tra il Bel Paese e gli “Jughi”, si faceva un balzo indietro di cinquant’anni. Per strada si incontravano numerose Zastava, un’automobile molto in voga, una specie di Fiat seicento, ma più rustica dell’omonimo modello italiano ormai fuori produzione da più vent’anni e tantissimi Tomos, moto e motorini di varie cilindrate e modelli. La gente era nello stesso tempo semplice e cordiale, soprattutto con gli italiani. Il fascino della Yugoslavia era proprio questo. Un miscuglio d’etnie “diverse” più vicino all’Asia che all’Europa, appena dietro l’angolo di casa.
Tawil, quando mi acquistò di seconda mano nel millenovecentottantatre aveva già in mente di fare un viaggio nella terra di Tito. Non ero sicuramente la moto ideale per intraprendere viaggi a lungo raggio e carica di bagagli come un animale da soma. Stranamente, la cosa mi eccitava molto. Io faccio parte della famiglia delle mitiche Honda CB Four, cavallo di battaglia della casa alata e moto di successo degli anni settanta. Ho un potente motore a quattro cilindri fronte marcia di novecento centimetri cubici a sedici valvole con doppio albero in testa. Sono molto robusta per prestazioni, telaio e d’indole sportiva da meritarmi la denominazione “Bol d’Or” per ricordare i successi dell’omonima competizione delle Honda. L’erogazione del motore è ruvida, soprattutto nelle partenze, elevate le vibrazioni, ma sotto il controllo delle mie sospensioni regolabili sono stabile anche alle alte velocità. Ottimo l’impianto frenante a tre dischi con pinze a doppio pistoncino, due i terminali di scarico, protezione aerodinamica inesistente da vera “naked”, ma comoda da guidare anche per un gigante come Tawil.
Durante l’inverno il mio fortunato possessore aveva conosciuto Mauro e la sua Honda CB 650 Four semi-carenata. L’intesa fu immediata, tanto che decisero di passare le vacanze estive insieme, in moto naturalmente. Il D-Day? L’alba del sabato d’agosto che segna l’inizio del grande esodo italiano. Partiamo con poche idee, ma… tanti bagagli. Un borsone enorme collocato sul portapacchi posteriore in tubolare cromato comprato per l’occasione funge da base d’appoggio per due sacchi neri della nettezza urbana. Il primo contiene un sacco a pelo verde militare di dimensioni e peso ragguardevoli. Il secondo la tenda. Una borsa da serbatoio doppia, per intenderci una di quelle con una cerniera che una volta aperta ne raddoppia il volume. Ottima capienza, ma precaria visibilità anche per un gigante di due metri. Infatti al casello autostradale della barriera di Milano Nord, si ritorna a casa per scaricare la metà dei bagagli. Per recuperare il tempo perduto ci buttiamo sulla Milano Venezia a centottanta chilometri orari. Superiamo la dogana giusto in tempo per una sosta culinaria in una delle tante irresistibili “slasticarna” storditi ed attratti dal profumo delle carni allo spiedo. Rijeka dista solo due ore, ma visto che i Due Centauri non hanno ancora deciso dove andare, non c’è nessuna fretta. Nord o Sud? Poi, la decisione è presa. Verso Nord e senza pensarci molto, con l’intenzione di visitare la prima isola immediatamente dopo l’Istria. Scoppia un temporale. Qualche goccia di pioggia e molto rumore per nulla, ma la strada inesorabilmente trasformata in una pista di pattinaggio su ghiaccio. Mauro è il primo a scivolare a ruote all’aria e Tawil non fa nemmeno in tempo a dire “cado” che è già a terra. Siamo in mezzo alla strada. Immediatamente i Due Centauri raccolgono le due Cavalle Alate. Siamo “al sicuro” in una piazzola parcheggio vista mare su uno strapiombo raccapricciante che costeggia la via. Arriva una Wolkswagen maggiolona carica di fricchettoni tedeschi che tenta di impostare la curva, ma va in testa coda e si schianta contro la parete rocciosa della montagna. Dall’altro lato arriva una Golf di inglesi, che per evitare l’ostacolo frena e va via dritta centrando in pieno la sottoscritta. Niente di grave. Il gruppo numeroso anglo, italo, germanico discute animatamente sulle responsabilità legate più al destino beffardo che ai singoli quando sopraggiunge un camion con rimorchio a tutta velocità. E’ solo un attimo, ma sufficiente per strozzare le parole e gelare il sangue nelle vene. Il mezzo pesante imposta la curva. La motrice tiene la traiettoria, mentre il rimorchio sbanda paurosamente verso di noi. Non c’è scampo. Stiamo per essere spazzati via dalla piazzola e dal mondo. Un attimo prima dello schianto abbiamo solo il tempo di vedere il baffuto autista che ci saluta dal finestrino con un largo sorriso e poi le potenti braccia dell’uomo che con un colpo di sovra sterzo riprendono il bisonte della strada che infila la curva meglio di Munari con la sua Lancia HF al Rally di Montecarlo. Ringraziamo per la grazia ricevuta e ripartiamo verso Brestova. Il traghetto per Cres impiega più di due ore per attraversare il breve tratto di mare. L’isola di Cres nel golfo del Quarnaro è collegata all’isola di Losinj da un ponte rotante che attraversa il canale artificiale di Osor, la città museo. L’isola è per metà ricoperta di rocce e per l’altra metà da pinete e querce. In prossimità di Cres, circondata da mura veneziane, si trova il lago d’acqua dolce Vransko. Interessante anche Lubenice, uno dei primi centri abitati costruito interamente sulla roccia a picco sul mare e Valun, piccolo borgo circondato da spiagge di ghiaia. I due centri principali di Losinj sono Lussinpiccolo (Mali Losinj) sulla costa Nord orientale, e Lussingrande (Veli Losinj) un tipico villaggio di pescatori con case barocche color pastello raggruppate intorno alla baia, vie acciottolate e casette sepolte nel verde verso la costa rocciosa. Il campeggio di Veli Losinj completamente immerso in una pineta secolare è il luogo ideale per piazzare la tenda e riposare tranquilli. La piazza di Mali Losinj, invece è il ritrovo dei giovani locali. La cosa strana degli abitanti di questa isola è che parlano un dialetto triestino molto comprensibile per gli italici centauri, mentre alcuni giovani slavi provenienti da Zagabria parlano la lingua nazionale jugoslava. La cosa buffa è vedere Tawil che parla triestino con alcuni e inglese con altri che a loro volta parlano slavo. Nel gruppo ci sono numerose belle ragazze che non passano certo inosservate allo sguardo allupato dei nostri due latin lover. Tawil vorrebbe buttarsi nella mischia, ma non sa come muoversi, perché non comprende se le ragazze siamo accoppiate oppure single. Per fortuna c’è Graziano, un barbuto, simpatico e fortunato possessore di un rumorosissimo Tomos che sembra aver legato con Tawil, che chiede senza indugi: “Se dovessi tirare un sassolino nello stagno delle ragazze cosa mi consiglieresti?” “Il vino buono è nella botte piccola” risponde Graziano sorridendo. Nel folto gruppo delle belle spilungone slave è impossibile non notare una bellezza mediterranea dai capelli neri sciolti sulle spalle di bassa statura con delle forme accattivanti oltre che abbondanti. Dopo dieci minuti i due sono già abbracciati sul mio sellino. Il lungomare di notte è l’ideale per ammirare le stelle cadenti e per fare effusioni amorose. Per un colpo di “sfortuna” un violento temporale si materializza dal mare minacciando di annegare i due colombi. Due esseri umani, un maschio ed una femmina si sono incontrati. Sono come un polo negativo e uno positivo che si attraggono. Questa è una situazione che noi macchine non capiamo e non sappiamo spiegare. Non vorrei essere fraintesa. Capisco che ci sia attrazione fisica tra un uomo e una donna. Sono a conoscenza degli ormoni che si scatenano come i temporali estivi. Quello che non comprendo è come due esseri viventi e senza alcun dubbio intelligenti arrivino a mentirsi reciprocamente e spudoratamente. La seduzione per gli umani deve essere come una partita a scacchi. Una serie di mosse evasive per dare scacco matto al re. Lei: “Tra poco pioverà.” Lui:”Immagino di sì.” Lei: “Ci bagneremo fino al midollo.” Lui: “Immagino di sì.” Lei:” Se ti va possiamo andare a ripararci a casa mia, ma devi promettermi di fare il bravo e di non fare rumore. In casa ci sono anche mio fratello e sua moglie.” Lui: “Promesso!” Scoppia il temporale. In pochi secondi i due colombi sono fradici, ma per fortuna la casa di Irina non è molto distante. Lasciamo la strada asfaltata per infilarci in un viale fiancheggiato da sinistri cipressi che ondeggiano al vento, poi, una radura e una minuscola casa, forse una vecchia cascina ristrutturata. Spento il fanale non si vede a un palmo. Tawil non prova nemmeno ad issarmi sul cavalletto perché sprofonderei nel terreno fradicio. Vengo semplicemente appoggiata al muro, un po’ come si fa con le biciclette. I due hanno fretta. Ho solo il tempo di vedere la coppia scomparire nel vano buio della porta d’ingresso e sentire Lei che sussurra all’orecchio di Tawil: “Shh, fai piano”. Un istante, poi una luce fioca illumina l’unica finestra su questo lato della casa, a dieci centimetri dal mio specchietto destro. Pochi minuti, poi, il silenzio è infranto dai lamenti dei giovani amanti. Aveva ragione Graziano: “Il vino buono è nella botte piccola”, e… anche l’annata deve essere straordinaria. Per rivedere Tawil dovrò aspettare fino alle tre di notte. Eccolo, soddisfatto e radioso come la luna piena in una notte d’estate, capelli sciolti e bagnati, sorrisetto malizioso da Guascone sotto i baffi alla d’Artagnan e… che possa rimanere senza un goccio di benzina a duecento chilometri orari sull’autostrada del Sole, indossa gli abiti di Irina. La fanciulla deve essersi intenerita quando Tawil ha tentato di rivestirsi con gli abiti fradici e, come San Martino si è tolta il “mantello” per rivestire gli ignudi. Peccato che tra i due ci siano cinquanta centimetri di differenza. Cosa deve aver pensato il guardiano del campeggio prima di alzare la sbarra quando ha visto Tawil con un paio di attillati pantaloni a fiori che non gli coprivano nemmeno le rotule e una camicetta di seta rosa svolazzante, non lo posso neanche lontanamente immaginare, ma posso supporre che l’uomo abbia interpretato che il centauro stesse rientrando da un ballo mascherato o che fosse appena scappato dal manicomio. Siamo su quest’isola ormai da una settimana. La coppia Italo/slava continua a resistere. Questa isola sembra nata per ospitare una società multi etnica. Ci sono gli slavi e per slavi intendo sloveni, croati, serbi, bosniaci, kosovari, montenegrini e macedoni che apparentemente vanno d’accordo grazie alla politica di Tito che ha saputo mischiarli per bene e poi ci sono gli stranieri. Chi viene da queste parti non è amante né del caos né tanto meno della mondanità. Losinj è il luogo ideale per chi ama stare a contatto con la natura e condividerla in piena libertà. Dimenticavo i nudisti. Ce ne sono tanti, soprattutto tedeschi e scandinavi. Vengono in gruppi numerosi, famiglie intere e frequentano gli FKK, veri e propri campi per naturisti. Tawil e Mauro ogni tanto ci vanno, ma preferiscono le baie ancora più selvagge e isolate. Ce n’è una in particolare fantastica e quasi inaccessibile che frequentiamo spesso. Per arrivarci bisogna prendere uno stretto sentiero che dalla strada asfaltata conduce direttamente al mare. Scendere con una moto della mia stazza non è facile ed è ancora più difficile risalire. Il colore delle acque è di un incredibile varietà di verdi, azzurri e turchesi. Non c’è sabbia ma solo scogli appuntiti da cui tuffarsi direttamente nelle acque cristalline. I posti a sedere sono limitati e per questo motivo chi arriva tardi rischia di non trovare posto. Tawil e Mauro non sono certamente due mattinieri, però riescono sempre a trovare un buco libero vista mare. E’ evidente che tutti gli scogli siano vista mare, ma è incredibile che ci sia chi alla visione celestiale delle fresche acque preferisca la vista monte. Appartengono sicuramente a questa categoria, i due giovani bolognesi compagni di scogliera dei nostri. A loro del panorama non gliene importa un fico secco e la cosa incuriosisce i due italici centauri che intavolano una fitta ed interessante discussione sulla differenza tra mare e “Gnocca”. Già stanno proprio parlando della “Gnocca” e dell’estinzione del reggiseno in questa isola. “E’ Lei che fa girare il mondo” dice uno dei due ragazzi emiliani. Poi aggiunge: “Tutte le mattine più o meno a quest’ora arrivano due olandesi molto prosperose che ci allietano la vista. La prima ha solo una sesta, ma l’altra ha delle dimensioni incredibili. Figuratevi che non riesce mai a togliersi la maglietta al primo tentativo e neanche al secondo. Bisogna aspettare il terzo o il quarto. Non mi credete? Allora dovete solo aspettare”. Passano pochi minuti e dalla boscaglia sbucano le due biondine. “Siao” dice una. “Buongiorno” rispondono in coro i ragazzi con un sorriso a trentadue denti. Heidi poverina, che ha solo la sesta, in un sol colpo si è sfilata la maglietta, mentre Ingrid, nonostante il massimo impegno, proprio non ce la fa. Ha incrociato le braccia, con le mani stringe il bordo inferiore della T-shirt, tira verso l’alto, ma… niente. I quattro italiani fremono, soffrono in silenzio, ma aspettano con il fiato sospeso il lieto evento. All’improvviso, come il botto di un razzo nel buio della notte che illumina la volta stellata in un orgia di colori, l’indumento scivola via sollevando un coro di goooooooooool degno dei tifosi dello Stadio Olimpico come se l’Italia avesse vinto il mondiale di calcio segnando una rete al novantacinquesimo minuto alla Francia. Eccoliiii! Sembrano due palloni da rugby che sfidano la legge della gravità. Se la vedesse Michelangelo la scolpirebbe nel marmo bianco di Carrara e l’umanità pagherebbe qualsiasi cifra per vederla per secoli e secoli. “Giunone” che si è accorta di avere tanti ammiratori “disinteressati” ammicca un sorriso, si piega sulle gambe, uno slancio e oplà si tuffa di testa e scompare nelle fresche acque della baia. Passano dieci lunghissimi secondi, nel frattempo i tifosi della curva hanno fatto una rotazione di cento ottanta gradi per non perdersi lo spettacolo, che la bella olandesina riaffiora urlante e sanguinante. Il primo a buttarsi è il Guascone “Tawil” D’Artagnan, seguono a ruota Athos, Porthos e Aramis. La giovane ragazza ha urtato uno scoglio. “Niente di grave” urla Tawil è solo uno squarcio alla mano, le tette sono salve”. Dio sei grande e misericordioso” rispondono in coro gli italiani. Ingrid, immediatamente accompagnata al pronto soccorso se la caverà con soli dodici punti di sutura.
Losinj, agosto 1984
Un anno intero era passato velocemente, ma la voglia di Yugoslavia e soprattutto il desiderio di rivedere gli amici slavi spinse Mauro e Tawil verso una nuova avventura in terra straniera. Stessa strada, traghetto, isola. Graziano aveva accolto i due centauri come si abbracciano due fratelli che tornano dalla guerra dei vent’anni. Tutto uguale, anzi no. Irina si è fidanzata con un coetaneo di Zagabria. La cosa non stupisce più di tanto Tawil. Si sa che gli amorazzi estivi durano esattamente quanto la vacanza stessa, poi tornati a casa, ognuno per se e Dio per tutti. La cosa bella invece è che i due ex amanti si frequentino da buoni amici e senza rancori. Il gruppo è anche aumentato di numero ed è proprio Irina a presentare Ivana, una sua amica di Belgrado, al Guascone Italico. La ragazza che viene da Belgrado è molto simpatica e solare tanto che i due dopo sole due sere formano già una coppia affiatata.
E’ l’ora dell’aperitivo e il bar centrale della piazza di Mali Losinj è tutto esaurito. Tawil, Mauro, Irina e il suo nuovo fidanzato Stefan, Ivana e Graziano. Tutto il gruppo conversa un po’ in inglese, in italiano e in triestino. Ivana che non capisce una parola di italiano si alza di scatto e urla: “Anch’io parlo molto bene italiano!” Vuoi per l’accento spiccatamente slavo e intrigante, vuoi per l’avvenenza e la simpatia della ragazza, cala un silenzio “interessato” tra i numerosi avventori del bar centrale, che sono quasi tutti italiani. “Dimmi qualcosa di carino in italiano” commenta Tawil. La giovane slava si fa pensierosa e un po’ ombrosa, poi come illuminata esclama: “Fumare il tuo kazzo cosa vuol dire?” La piazza ammutolisce esterrefatta, mentre il tavolo del gruppo esplode in una risata irrefrenabile. Tawil e Ivana hanno affittato una deliziosa camera vista mare nei pressi di Veli Losinj. Il proprietario per aggraziarsi i due giovani ha concesso anche il permesso di portare la moto in camera. “E’ al sicuro” aveva detto a Tawil. Certo non capita tutti i giorni di essere parcheggiata in camera, ma vista l’incredibile ospitalità locale non è poi così raro. Assurdo invece che mi tocchi di assistere alle performance amorose dei due. Ivana fa parte delle donne “ventosa”. Una donna che quanto si infila nel tuo letto rimane appiccicata come una remora a uno squalo. Per tutta la notte. Prima, durante e dopo l’amplesso. Non vorrei essere fraintesa. Non è un difetto, anzi. Se nel mondo esistessero più persone come il Mio d’Artagnan e la dolce Ivana scommetterei che le guerre cesserebbero di esistere. Le ostilità fra i popoli finirebbero tra le lenzuola e la parola nemico verrebbe cancellata dal vocabolario. Tawil non avrebbe mai lontanamente immaginato che la “Sua” dolce ragazza “ventosa” nel 1999 sarebbe stata sotto le bombe “amiche” delle forze aeree Nato. I “buoni” bombardarono i “cattivi” nella speranza di eliminare il dittatore Slobodan Milosevic. Belgrado subì danni considerevoli e molti innocenti persero la vita. Tawil pianse e decise di non andare più a votare in segno di protesta.
I viaggi del “Nobile d’Artagnan” in Yugoslavia continuarono ancora per anni. Le isole lungo la costa dalmata erano le sue mete preferite. Non potrà mai dimenticarsi delle spiagge bellissime e dei quattro campanili di Rab, degli oliveti e delle saline di Pag, del formaggio saporito e del famoso litorale a forma d’ala di Bol sull’isola di Brac, della città vecchia di Korcula, dell’isola profumata di lavanda Hvar e del prosciutto dalmata di Makarska. Colori indimenticabili, cibi gustosi e gente ospitale. Tawil avrà sempre nel cuore Losinj ed i momenti spensierati passati con Graziano, Mauro e gli amori brevi ma intensi che lo hanno spinto a viaggiare in questo paese multi etnico dietro l’angolo di casa. I viaggi in Yugoslavia finirono nell’estate del 1991 quando la Serbia entrò in guerra contro la Croazia e distrusse Vukovar, la città simbolo in un territorio in cui Serbi e Croati erano riusciti a convivere, per molti anni, serenamente. La città fu bombardata e quasi completamente rasa al suolo dai Serbi, che impegnarono 20.000 uomini e 300 carri armati. La Yugoslavia tanto amata da Tawil aveva cessato di esistere.