Libia

Dal mio libro: Le Moto Raccontano

Libia, dicembre 2000

Tawil aveva sostituito le mie gomme stradali il 21 dicembre con delle aggressive “Desert” tassellate. Non era stato difficile capire che aveva programmato un viaggio in Nord Africa. Era tutto pronto. Bagagli caricati alla perfezione, messa a punto della meccanica, abbigliamento e soprattutto la voglia di viaggiare. La mattina di Natale, avremmo dovuto partire a Santo Stefano, non lasciava presagire niente di buono. Il cielo era livido e cupo, la temperatura di qualche grado sotto lo zero. Non nevicava solo per il fatto che soffiava un discreto venticello. “Se cessa l’aria ne mette giù mezzo metro” aveva sentenziato il vecchio menagramo Luigi che abita nella casa in fondo alla via. Tawil stava preparando la tavola per il pranzo natalizio che riuniva tutti i parenti, quando i primi fiocchi incominciarono ad imbiancare la strada. “Se non partiamo subito, Ciocio, non arriveremo mai al traghetto di Genova domani mattina” aveva detto il “Mio Cavaliere”, poi aveva aggiunto: “Nevica da mezz’ora ed è già tutto bianco, domani sarà impossibile viaggiare in moto”. “Va bene partiamo, avviso anche gli altri” aveva risposto senza esitazione Ciocio. Alle due del pomeriggio Tawil tirata l’aria, girava su On la chiave inserita nel mio cokpit e premuto il rosso pulsante dell’accensione aveva avviato il motore che aveva sparato una nuvola di vapore dallo scarico. La neve, alta ormai una decina di centimetri, aveva assorbito il rumore della mio performante scarico Akrapovic. Percorriamo i primi duecento metri a passo d’uomo e con il “Mio Cavaliere” con i piedi che strisciano a terra nella neve. Arrivati sulla statale varesina la situazione migliora, il manto nevoso è più compatto tanto che Tawil azzarda un filo di gas in più. A trecento metri dal primo semaforo “lanciati” a quaranta chilometri orari, scatta il giallo. Tawil frena dolcemente. Una frazione di secondo dopo io ed il “Mio Cavaliere” siamo a terra. “Potevi anche passare con il rosso. E’ Natale e non c’è anima viva. Una volta l’avresti fatto. Rialzati adesso, niente di rotto spero. Anch’io non ho riportato nemmeno un graffio”. Ripartiamo. Arriviamo a Saronno che dista ben sette chilometri dopo più di mezz’ora. Per fortuna l’autostrada è pulita e superata Milano la neve si trasforma in pioggia. Arriviamo a Genova nel tardo pomeriggio. In giro non c’è nessuno. Anche gli alberghi sono chiusi. Proviamo ad entrare in una bettola nel centro storico. Sulla porta un cartello recita: “Chiuso per pranzo natalizio. Aperto dalle 19,00”. Verso sera arrivano anche gli altri componenti del gruppo. Massimo Cavallo nome d’arte Ciocio ha già viaggiato con il “Mio Cavaliere”. Accompagnano il centauro di Savigliano due novizi: Osvaldo in sella ad un’impeccabile Honda Africa Twin e Marco su una Yamaha XT. Chiude il gruppo Mario detto l’Ing. vale a dire l’ingegnere su una Honda Transalp. La nave salpa in orario a mezzogiorno in punto. E’ carica di tanti tunisini che rientrano in patria per le vacanze natalizie e numerosi motociclisti amanti dell’avventura e della sabbia del deserto. Tante anche le jeep 4×4 caricate di tutto punto e pronte a tutto. Quando il portellone della nave si apre ci rendiamo subito conto della grande differenza di clima tra il grande Nord italiano stretto in una morsa di ghiaccio ed il grande Nord africano che profuma di rose. Raggiungiamo Kairouan dopo una volata di centosessanta chilometri. La città è considerata particolarmente venerabile ed inferiore per gli islamici solo alla Mecca, Medina e Gerusalemme. L’edificio più importante della città è sicuramente la Grande Moschea che si trova nella parte nord orientale della Medina. Ben più impegnativa è la tappa di avvicinamento verso il confine libico che prevede una sosta a Medenine distante quattrocentocinquanta chilometri. Tawil incomincia ad entrare in confidenza con i nuovi compagni di viaggio. Osvaldo sfoggia un abbigliamento non proprio da motociclista e il “Mio Cavaliere” gli fa notare che non è molto conveniente fare un viaggio in Libia con un giubbotto di pelle tipo “bomber” molto ampio sulle spalle, corto in vita e con il collo di pelliccia e anche i pantaloni di velluto a coste larghe di colore verde sono poco indicati, ma il giovane centauro sembra convinto del fatto suo e promette al gruppo che se la caverà in ogni evenienza. Superata Ben Gardane la strada conduce direttamente verso il confine libico di Ras al Jedir. Per oltrepassare questa dogana è altamente consigliata una guida locale che si occupi di tutte le pratiche burocratiche solitamente molto lunghe e noiose. Mario, anzi l’Ing. Mario è fermamente convinto di cavarsela bene anche senza aiuti da chicchessia e soprattutto che dare mance non serva a niente. Dopo dodici ore i nostri eroi sono ancora all’interno dell’immenso hangar della polizia di confine. Riusciamo a passare solo a notte inoltrata ed a trovare un riparo dopo aver percorso con il buio gli interminabili novanta chilometri fino a Zuwarah. La pianificazione del viaggio è stata fatta con un po’ di leggerezza. Sarebbe stato bello entrare nel deserto lungo la pista che conduce a Ghadames, poi scendere verso Ghat e rientrare da Sabha lungo l’interminabile strada asfaltata che conduce fino alla capitale Tripoli, ma alcune moto non sono certo equipaggiate come la sottoscritta con le gomme tassellate. Lo scopo vero del viaggio è divertirsi, quindi quello che verrà andrà bene lo stesso. Non è semplice evitare Tripoli e centrare al primo tentativo la strada che conduce nel profondo Sud verso Sabha, ma grazie all’esperienza come navigatore di Ciocio e di qualche parola araba conosciuta da Mario, alla fine riusciamo a raggiungere Bir Ghanam e Mizda. Ben presto ci troviamo di fronte allo spettacolo del deserto arido libico. Il paesaggio è monotono, ma incute anche molto rispetto. Oggi affronteremo la lunga tappa di seicento chilometri che da Mizda scende verso Sabha. Superata la cittadina di Brak ci troviamo di fronte per la prima volta l’Erg di Awbari. L’attraversamento verso Sabha è su strada asfaltata, ma vedere le altissime dune di sabbia color giallo ocra che ci fiancheggiano è un emozione indescrivibile. Sabha è una città anonima. Chi arriva fin qui, non viene certo per visitare la città, ma per spingersi verso l’immenso Erg Murzuq oppure per attraversare l’Erg Awbari e spingersi verso Ghat. Seguiamo ancora l’asfalto che fiancheggia il mare di sabbia. Superiamo Maknusa, Germa fino ad Awbari dove ci sistemiamo per la notte in un campeggio. La partenza per l’Erg sembra la partenza dello skilift della pista nera di Madesimo. La prima duna da superare è altissima e Tawil al primo tentativo non arriva neanche a metà strada. Peggio fanno gli altri, poco esperti e senza gomme adatte. Ciocio con la pesantissima BMW R 1150 GS proprio non potrà mai farcela. Il gruppo si guarda attorno e sta per rinunciare, quando uno scaltro autista libico si avvicina e propone a tutti una bella scampagnata tra le sabbie dei laghi Mandara in Jeep. Una jeep ed un pick up caricano me e i Nostri Cavalieri. La partenza è tutta in salita. L’erg è incredibilmente alto. Per fortuna la sabbia, vista la temperatura bassa, non è morbida. In poco più di un’ora di giuda tra le dune si arriva tra i minuscoli ma affascinanti laghi Mandara. In questa stagione c’è molta acqua. Uno spettacolo. Passiamo la notte accampati, è l’ultimo giorno dell’anno. Rientriamo dopo due giorni e riprendiamo la strada verso la costa. Osvaldo è lanciato a più di cento chilometri orari, quando all’improvviso la cerniera, già molto provata del suo giubbotto di pelle, esplode lasciando lo sfortunato pilota completamente scoperto dalla cintola in su. Per ripararsi dal freddo il giovane motociclista si infila un k-way anti pioggia con il risultato che il cappuccio di nylon, non proprio aerodinamico, fa un rumore pazzesco e sventola davanti agli occhi del malcapitato. Ad una sosta per il rifornimento Tawil paga con una banconota da 1 dinaro il pieno di carburante che ne costa la metà. Il giovane benzinaio incassa la banconota e non sente ragione di restituire il resto al “Mio Cavaliere”. Per un po’ Tawil cerca il dialogo con il minuto benzinaio, che per parlare alla pari, vale a dire a quattrocchi, è salito su un muretto di cemento alto cinquanta centimetri. Persa la pazienza il “Mio Cavaliere” agguanta per il bavero il piccolo libico e dopo averlo fatto scendere dal muretto di peso lo sbatacchia per qualche minuto sul cofano di una macchina in sosta. Dalla stazione di servizio escono due persone in soccorso del truffaldino benzinaio. Ne nasce una discussione. Tawil racconta l’accaduto al titolare della stazione di servizio, un uomo robusto sulla cinquantina che brucia con uno sguardo il proprio dipendente e restituisce i soldi al “Mio Cavaliere”. Tutto sembra essere rientrato nella normalità, ma qualcuno, approfittando della confusione, ha rubato i guanti di pelle di Osvaldo lasciati per qualche istante incustoditi sulla sella della mitica Honda Africa Twin. Intervengono due uomini di passaggio che partono all’inseguimento di una vettura chiara, l’unica ferma in quel momento nella stazione di servizio, con la loro potente jeep. Dopo quarantacinque minuti i due uomini ritornano. “Ci spiace tantissimo, ci scusiamo per i nostri concittadini maleducati e ladri, ma non siamo riusciti a raggiungerli. Abbiamo pensato di regalarvi un paio di guanti da lavoro sperando che possano proteggervi dal freddo e spero gradiate anche i datteri di nostra produzione”. I Nostri Giovani Cavalieri sono molto colpiti dalla squisita gentilezza dei due libici. Ripartiamo dopo aver ringraziato puntando verso il sito romano più importante di tutto il Mar Mediterraneo. Leptis Magna venne fondata dai coloni fenici nel 1100 A.C. Divenne una potenza solo nel V secolo e venne strappata dai romani ai Cartaginesi durante la terza guerra punica e incorporata da Tiberio nella provincia Africana. Durante la dominazione romana ebbe l’appellativo di “Magna” e divenne una delle più fiorenti città per il commercio di spezie, schiavi e animali provenienti dall’Africa subsahariana. La città ebbe un rapido declino per l’insabbiamento del suo porto che fece drasticamente ridurre la capacità commerciale. In seguito fu presa dai Vandali e dai Berberi per poi ritornare di nuovo romana, ma non raggiunse più lo splendore di un tempo. Dal 1982 figura nella lista dei patrimoni dell’Umanità dell’ UNESCO. A poca distanza da Tripoli visitiamo anche Sabratha dove è possibile ammirare uno dei più bei teatri romani del mondo. Chiusa la parentesi archeologica abbiamo solo il tempo di fare una volata verso Tunisi dove ci attende il traghetto che ci riporterà in Italia.